Ciao!
Le community sono protagoniste di questo numero de Il Megafono Giallo. Quelle che abitano feed e spazi digitali, quelle che ogni giorno lavorano per accompagnare le nuove generazioni verso il loro futuro e, soprattutto, quelle che trasformano in un’idea in azione.
È il caso della Global Sumud Flotilla, salpata domenica 31 agosto 2025: una missione umanitaria composta da una cinquantina di piccole imbarcazioni a vela, partite da diversi porti del Mediterraneo con l’obiettivo di rompere il blocco israeliano e portare aiuti alla popolazione di Gaza. A bordo ci sono più di 300 attivisti e volti noti, con delegazioni da oltre 44 paesi, ma soprattutto cittadini e cittadine comuni. Perché è forse questa la cosa più straordinaria: tutta questa immensa operazione umanitaria è gestita e coordinata da persone che hanno scelto di mobilitarsi.
E non lo hanno fatto da sole. La partenza è stata seguita e rilanciata da centinaia di migliaia di utenti, con creator, influencer, celebrities e personalità di rilievo che hanno amplificato le voci dei partecipanti e trasformato la missione in un racconto collettivo, capace di generare attenzione, sostegno e partecipazione in tutto il mondo. Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni è solo l’inizio, ma ci racconta molto dei tempi e del mondo che viviamo, in cui una community che decide di muoversi insieme — online e offline — fa sì che la storia smetta di essere di pochi e diventi di tutti e tutte.
Taylor Swift si sposa e il post, in collaborazione con l’account del futuro marito Travis Kelce, con cui annuncia il fidanzamento colleziona 16 milioni di like nelle prime tre ore dalla pubblicazione, superando i 31 milioni nelle 24 ore successive.
Ma non finisce qui. La pubblicazione del post ha dato il via ad una cascata di contenuti di instant marketing che ha monopolizzato la comunicazione in tutto il mondo. Dagli account personali di fan e celebrities che hanno ripreso la notizia, l’annuncio è immediatamente uscito dalla (considerevole) bolla della
community Swiftie ed è approdato sui profili dei grandi brand. L’
Empire State Building,
Sky,
Burga,
Duolingo… la lista di aziende che hanno reagito con campagne lampo, meme, sconti e contenuti pensati per inserirsi nella conversazione mondiale è più lunga di quello che potresti pensare.
Stupisce? Non dovrebbe. Non si tratta infatti di un exploit isolato, ma l’ennesima dimostrazione di come Taylor Swift, negli anni, abbia saputo costruire una community così solida da smuovere il mondo – anche letteralmente, come nel caso del
Swift Quake che ha fatto registrare un'attività sismica pari a un terremoto di magnitudo 2.3 sulla scala Richter durate le date di Seattle dell’Eras Tour.
Da più di quindici anni Taylor Swift lavora attivamente sulla costruzione e sul mantenimento di un rapporto diretto con la sua fanbase. Questo capitale relazionale è oggi la sua vera forza: un pubblico che non si limita a consumare musica, ma che amplifica ogni contenuto, crea senso di appartenenza e trasforma la relazione con l’artista in identità collettiva.
Il post con l’annuncio del matrimonio, quindi, non è la storia di un record di like, ma un esempio della capacità di modellare cultura e comportamenti di massa. Per capire meglio cosa rende Taylor Swift un fenomeno culturale così potente abbiamo fatto qualche domanda a Elisabetta Zurovac, ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
Taylor Swift non ha solo fan, ma una vera e propria comunità globale che amplifica ogni sua mossa. Dal punto di vista sociologico, come si fa a costruire e mantenere una community così solida nel tempo?
Una community come quella delle e dei swifties può essere considerata un esempio di comunità interpretativa: un gruppo che produce e condivide significati collettivi a partire da testi e simboli, generando pratiche comuni. La sua solidità nel tempo si spiega attraverso alcuni meccanismi chiave: la narrazione seriale e il world building, la co-produzione di significati, la ritualità, il collante affettivo.
Taylor Swift è cresciuta con il suo pubblico, di fronte al suo pubblico e ha reso partecipi le persone che la apprezzano e la seguono del suo percorso come artista ma soprattutto del suo percorso umano. La sua carriera è organizzata in “ere” distinte, con proprie estetiche, codici visivi e sonori che funzionano come capitoli di una biografia condivisa: un patrimonio comune che alimenta la memoria collettiva e rafforza i legami della fanbase nel tempo.
La scrittura di Taylor Swift è ricca di riferimenti, metafore e dettagli che spingono i fan a cercare indizi e a costruire teorie. In che modo questo stile narrativo, che invita all’interpretazione, contribuisce a rendere la sua community così partecipe e duratura nel tempo?
La sua forza passa anche attraverso una scrittura di testi non scontata, anzi, intervallata da termini e metafore non banali considerando la portata della sua popolarità. In questo dimostra che essere popolari non significa necessariamente iper-semplificare il linguaggio, anzi si può arrivare a molti anche alzando l’asticella della qualità dei modi di raccontare (e raccontarsi): riferimenti letterari, costruzione delle frasi e scelta dei termini che restituiscono uno spessore che raramente si può rintracciare in altre artiste della sua generazione (o della sua fama), immagini che mischiano privato e finzione in modi chiari ma altrettanto profondi.
Tutto questo permette alla community non solo di crescere con lei, ma anche di interpretare i testi, in tentativi di esegesi anche tramite contenuti online di disseminazione. Quindi già a partire da questo vediamo che non si tratta di fan passivi ma interpreti collettivi: cercano indizi, costruiscono teorie, producono contenuti. Questo coinvolgimento, sul quale lei ha imparato a fare affidamento in modo strategico, rafforza il senso di appartenenza e alimenta la durata del gruppo che viene stimolato, intrigato, portato a speculare in una narrazione condivisa che è un po’ gioco e un po’ parte del successo.
Mostrandosi sempre autentica e “relatable”, Taylor Swift ha condiviso con il suo pubblico gioie e dolori, fino alle Taylor’s Versions. Quanto ha contato questa autenticità nel trasformare i fan in una community leale e influente?
La community si regge su forti dimensioni emotive, tramite l’identificazione con i testi ma anche per via del fatto che questa ragazza americana “normale”, che nel tempo è diventata una donna, si è posta sempre come “relatable”, al punto da mettere quasi sullo sfondo il fatto che si stia parlando comunque di una superstar: la sua voce viene percepita come genuina, non filtrata, onesta.
La sua community la percepisce vicina perché con lei ha anche condiviso gioie e dolori. E lei li ha raccontati in modo disintermediato: le Taylor’s Versions ne sono un esempio chiaro perché la ri-registrazione del catalogo non è solo un atto economico, ma un gesto narrativo che rilegittima l’artista come proprietaria della sua storia e, se vogliamo, un esempio di empowerment femminile. Inoltre questa disintermediazione che sembra sempre applicare permette alla community di sentirsi parte di un ecosistema condiviso, rafforzando la lealtà e la mobilitazione affettiva. La solidità della community deriva dall’incontro fra narrazione coerente, simboli condivisi, ritualità partecipativa e forti legami affettivi, che trasformano il fandom in una infrastruttura culturale capace di resistere al tempo e di ampliarsi globalmente.
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