Ciao,
oggi abbiamo davvero una notizia fuori dall’ordinario.
Domani, martedì 16 novembre alle 14.30, saremo al Salone Orientamenti di Genova per raccontarti dell’ambizioso progetto che sta prendendo vita: #MiAssumo.
Dall’esperienza di Parole O_Stili, maturata in 5 anni di dialogo con due milioni di studenti e 200.000 insegnanti, nasce la prima piattaforma digitale gratuita per l’orientamento scolastico.
Quali sono le peculiarità di #MiAssumo che lo rendono diverso da qualsiasi altro progetto di orientamento?
1. Si parte dagli 11 anni: si comincia ad accompagnare i ragazzi e le ragazze dal primo anno della secondaria di primo grado.
2. S’impara a conoscere se stessi: è fondamentale stare al fianco dei ragazzi per aiutarli a conoscere meglio se stessi, le opportunità di crescita e di espressione della propria originalità.
3. Il CV lo scrivi giocando online: tenendo conto delle differenti età e con l’aiuto di sofisticati meccanismi di gaming, i ragazzi potranno iniziare da subito a “scrivere” il proprio curriculum.
4. Crea un sistema integrato tra scuola, aziende e genitori: un’unica piattaforma dove genitori, insegnanti, istituzioni, aziende per la prima volta insieme, potranno stimolare, accompagnare, facilitare e concretizzare le scelte dei ragazzi. Ovviamente non possiamo ancora raccontarti tutto ma ti invitiamo a seguire la presentazione ufficiale che terremo domani a Genova alle ore 14:30. Potrai seguirla in sala o in streaming da casa!
Per partecipare:
- Vai sul sito del Salone Orientamenti
- Registrati
- Cerca l’evento «REACT: Un nuovo modo di fare orientamento. La piattaforma MiAssumo»
- Prenota il tuo posto, fisico o virtuale.
Fai parte di un’azienda e vuoi partecipare in maniera attiva alla piattaforma #MiAssumo?Scrivici un’email e ti daremo tutte le informazioni necessarie per iniziare un dialogo.
La scorsa settimana sui social in molti hanno commentato questo episodio:
un infermiere è stato licenziato dopo aver postato un video su TikTok.
Nel video di pochi secondi l’infermiere simula dei conati di vomito accompagnando la scena alla didascalia: “
Quando vai a controllare il paziente dopo due clisteri".
In poco tempo il video
ha scatenato l’indignazione generale. Tanti i commenti di disappunto e di sdegno, tanto da portare l’amministrazione dell’RSA dove lavorava l’infermiere a licenziarlo.
Ma basta un video di meno di 15 secondi per un provvedimento così duro?Al di là della valutazione del provvedimento sono due i temi importanti al centro di questa vicenda: la responsabilità e la digital reputation (ovvero la reputazione che ci costruiamo online).
ResponsabilitàÈ nostra responsabilità di utenti della Rete quello di
mantenere l’ambiente che abitiamo quotidianamente, con i nostri tanti profili, il più accogliente possibile. Deridere e trattare con sufficienza lo stato di salute e le condizioni fisiche di altre persone non è certo la scelta migliore per raggiungere questo obiettivo. Come dice proprio il primo principio del Manifesto della comunicazione non ostile e inclusiva: “Virtuale è reale. Comunico in rete come faccio nel mondo reale, rispettando le persone e le loro differenze, le fragilità e i punti di forza. Scelgo di includere, senza giudicare o discriminare.”
Digital reputationLo stile che scegliamo di usare online è il nostro biglietto da visita con il mondo. E se questo stile viene a scontrarsi con i principi professionali e deontologici del nostro mestiere allora diventerà anche lo stile dell’azienda o istituzione che stiamo rappresentando in quel momento. Il caso dell’infermiere è proprio un esempio da manuale per quelle che sono le responsabilità che abbiamo anche come professionisti e lavoratori. Ad esempio, era ancora il 2013 quando la manager di una grande azienda di informazione e entertainment americana
è stata licenziata per un tweet razzista.
Proprio sul tema della responsabilità delle aziende e dei collaboratori nel 2018 abbiamo presentato la declinazione del Manifesto per il mondo delle aziende, il cui principio numero 6 dice così:
“Le parole hanno conseguenze. Le mie parole rappresentano la mia azienda, hanno un peso e concorrono alla creazione dell’immaginario collettivo: ne sono consapevole e me ne assumo la responsabilità. Ho il coraggio di rispondere ad attacchi ostili con gentilezza.”
«Ma quanto sono amata? Specie sui social mi scrivono delle cose bellissime: sei grassa, sei volgare, sei grassa e volgare, fai comicità per casalinghe. Tra l'altro non sapevo che questo fosse un difetto»L’attrice e comica
Michela Giraud ha cominciato così
il suo monologo contro gli haters online. In veste di conduttrice per una sera de Le iene, ha raccontato cosa si prova a leggere i commenti d’odio che vengono scritti nei propri confronti. Si può dire a se stessi di non leggerli, di non considerarli perché opera di persone che non ti conoscono ma la verità è una sola: fanno male e tanto.
Lei una soluzione l’ha trovata, ci dice nel finale: l’ironia di un like. Ti lasciamo
il video da guardare.
Sempre sull’odio online, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, in collaborazione con Agcom e lo Jozef Stefan Institute di Lubiana, ha pubblicato i risultati di
una ricerca sull’hate speech online.
Commenti offensivi e violenti non vengono scritti da odiatori seriali, “leoni da tastiera” abituali, ma da
persone insospettabili che reagiscono male nel momento in cui si trovano in una situazione ostile. In certi casi, l'utilizzo di un linguaggio offensivo e violento da parte degli utenti è scatenato da fattori esterni.
Per svolgere questa ricerca, il gruppo di lavoro ha costruito un software che etichetta i commenti (in particolare, su YouTube, di proprietà di Google) come appropriato, inappropriato, offensivo o violento, a seconda del linguaggio utilizzato. Un dato che possiamo commentare è questo:
il 32% dei commenti classificati come violenti sono stati rimossi dalla piattaforma o dall'autore a un anno dalla pubblicazione. La scorsa settimana avevamo visto che Facebook cancella soltanto il 5% dei commenti. Per quanto tanto o poco che sia, la maggior parte dei commenti d’odio rimangono sulle piattaforme digitali. Cosa possiamo fare, allora?
Per approfondire i risultati di questa ricerca, ti lasciamo questo articolo di Adnkronos:
Covid e odio online, se gli 'insospettabili' diventano leoni da tastiera.