Usare il telefono per parlare con Gesù | Parole O_Stili
Scatolone con contenuto fragile

Usare il telefono per parlare con Gesù

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07/07/25

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Ciao!
L’intelligenza artificiale oggi è più vicina, più presente e più “umana” che mai, tanto da accompagnarci anche in situazioni intime e personali della nostra vita, come la fragilità emotiva, la fede e le relazioni.
Ma cosa succede quando i confini tra compagnia e connessione iniziano a diventare confusi? Quando la differenza tra comprensione e simulazione diventa così sottile da fare difficoltà a distinguere l’una dall’altra? E quali criticità rischiamo di perdere di vista mentre confidiamo i nostri pensieri più privati ad un algoritmo? Oggi parliamo di questo, con tre diverse tipologie di chatbot e di modalità di fruizione dell’IA che stanno sempre più prendendo piede.

Psicoterapia mobile

Iniziamo con un dato: secondo dati raccolti da Telefono Azzurro, il 22% degli adolescenti preferisce confidarsi in forma anonima via chat anziché rivolgersi ad un professionista. Il 63 % considera l’AI, chatbot e app di salute mentale facilmente accessibili; il 62 % apprezza l’assenza di giudizio che caratterizza questi strumenti. Sono sempre di più gli adolescenti e i giovani adulti che scelgono di rivolgersi ai chatbot in cerca di supporto emotivo, spesso come primo passo prima di contattare uno psicologo, altre volte in sostituzione al supporto di un professionista.
Perché? L’IA è disponibile 24 ore su 24, non giudica e garantisce l’anonimato. Inoltre, la sua capacità di elaborare dati e contenuti complessi in tempi rapidissimi garantisce risposte in tempo reale, simulando empatia con estrema naturalezza.
Questi strumenti, che possono essere un’interessante forma di aiuto complementare, sono considerati utili per sfogarsi, regolare emozioni quotidiane e ricevere consigli pratici. Ma non devono (e non sono in grado!) di sostituire il supporto di un professionista e della psicoterapia in un’ottica di risoluzione del disagio.

Spiritualità 4.0

Non è una novità: la Chiesa si sta muovendo con più decisione nel digitale. Anche attraverso l’apertura al linguaggio dei social, che quest’anno culminerà il 28 e 29 luglio con il Giubileo dei Missionari Digitali. Chi sono? Creator e influencer che si impegnano a diffondere il messaggio cristiano online, attraverso veri e propri canali ufficiali di evangelizzazione.
Parallelamente, sono diverse le iniziative che stanno invece sperimentando con l’IA per sviluppare chatbot spirituali, software in grado di rispondere a dubbi di fede, fornire supporto teologico e accompagnare il cammino dei credenti. Online si trovano infatti app come Text With Jesus, sviluppata da Cat Loaf Software a Los Angeles, GitaGPT, sviluppata dall’ingegnere Sukuru Sai Vineet e ispirata agli insegnamenti della Bhagavad Gita, QuranGPT, progettata per rispondere a domande sul Corano dall’allora studente di ingegneria Raihan Khan.
Ma in questo nuovo rapporto con la fede, dove finisce la spiritualità e dove comincia la simulazione?

Relazioni Artificiali

E quando si parla di relazioni? Ci sono gli AI companion, chatbot avanzati pensati specificatamente per offrire compagnia, ascolto e supporto emotivo, spesso simulando un'amicizia o persino una relazione affettiva.
Funzionano come “confidenti digitali” disponibili 24/7 e rappresentano uno spazio sicuro soprattutto per le persone più giovani e vulnerabili, che possono così aprirsi senza timori. Tra i benefici più evidenti del loro utilizzo nel breve periodo ci sono la riduzione della solitudine, il miglioramento della regolazione emotiva e la possibilità di esercitare abilità comunicative in un ambiente protetto.
Nel lungo periodo, però, l’interazione unidirezionale con L’IA può generare un attaccamento emotivo profondo ma non reciproco, favorendo dipendenza affettiva e isolamento sociale. Inoltre, un uso intensivo degli AI companion può ridurre la tolleranza alla frustrazione e la capacità di gestire relazioni complesse nella vita reale. Particolarmente delicato è l’impatto sugli adolescenti, per i quali l’attaccamento emotivo agli AI companion può distorcere le dinamiche affettive e incrementare il rischio di isolamento e vulnerabilità.

I rischi

Che si parli di fragilità, di fede o di solitudine, la domanda non cambia: cosa succede quando diamo in pasto ad un algoritmo informazioni, pensieri e emozioni così intrinsecamente personali e intimi? Dietro l’apparente comodità di un confidente sempre a portata di touch, ci sono diverse questioni da considerare. In primis la privacy.
Molti chatbot raccolgono dati sensibili senza specificare quale uso ne verrà fatto, se verranno utilizzati per addestrare gli algoritmi o, peggio ancora, se saranno vulnerabili a possibili violazioni della sicurezza. La mancanza di trasparenza sulle modalità di gestione di queste informazioni spesso espone l’utente in maniera considerevole senza che vi sia consapevolezza.
C’è poi il tema dell’empatia, che le IA non provano. Possono essere addestrate a simularla, ma quando interagiscono con gli utenti si limitano a processare gli input che ricevono per produrre l’output desiderato, con una tale naturalezza che il rischio di dimenticare la loro natura è estremamente concreto. Sottovalutare questa possibilità può sfociare in dipendenze emotive e ulteriori solitudini e isolamenti, aggravando ulteriormente le difficoltà che invece si cercava di risolvere.
I chatbot sono strumenti che, se usati con consapevolezza, possono essere utili e portare grandi benefici. È sempre importante però tenere a mente che si tratta di terreni delicati e con diverse zone d’ombra.
Sai quando e dove parleremo di alcune di queste? Il 18 ottobre, a Parole a Scuola. Per non perderti tutti gli aggiornamenti, hai una sola cosa da fare 👇

Segnalazioni belle

Da ascoltare
Il 26 giugno è uscito un nuovo episodio di SCATENATE, il podcast di Mapi Danna prodotto da Storielibere.fm. Il ventesimo, per la precisione, e te lo raccontiamo perché i suoi 51 minuti ospitano tante storie e tanti spunti di riflessione. Come il racconto dei retroscena di uno dei momenti più indimenticabili della storia di Parole O_Stili, la partecipazione di Gianni Morandi alla prima edizione del Festival della comunicazione non ostile, o una riflessione su un nuovo modo di vivere il silenzio, intimo e condiviso, e a volte più potente e ricco di significato di tante parole.
Puoi ascoltare l’intervista a Rosy Russo, Presidente di Parole O_Stili, qui.
A scuola
Al Liceo Severi di Milano è nato Inclusivamente. Dal linguaggio dell’esclusione al linguaggio dell’accoglienza, un progetto peer to peer che ha coinvolto studentesse e studenti delle classi quarte e seconde in un percorso sull’uso consapevole delle parole e sullo stigma legato alla salute mentale.
Guidati dalle volontarie di Progetto Itaca, tredici ragazzi e ragazze – in PCTO – hanno presentato il Manifesto della comunicazione non ostile a oltre 200 coetanei, con incontri arricchiti da video, riflessioni ed esperienze personali.
Un’iniziativa che ha acceso dialoghi autentici e che punta a coinvolgere nuove scuole nel prossimo anno.

Un’iniziativa

Parole O_Stili è partner del progetto “La mia scuola alla COP30”, l’iniziativa di Viração&Jangada promossa dall’Ashoka Fellow Paulo Lima che ha come finalità principale quella di promuovere il diritto alla comunicazione e la partecipazione giovanile. Il progetto offre a scuole medie e superiori l’opportunità di seguire da vicino la prossima Conferenza ONU sul clima, in programma a Belém, in Amazzonia brasiliana.
Il percorso prevede tre tappe:
  • una formazione online il 10 ottobre;
  • un gioco di simulazione per approfondire i negoziati;
  • una conference live da Belém il 21 novembre, con il racconto di esperti e giovani osservatori direttamente dalla COP.
Un’occasione preziosa per portare l’educazione climatica tra i banchi.Le iscrizioni sono aperte fino al 30 settembre.

Appuntamenti

Giovedì 10 luglio
Ore 16:30 | Saremo nella sede di Generali a Trieste per un focus group con un gruppo di collaboratori e collaboratrici della Generazione Z. L’incontro, della durata di 90 minuti, prevede momenti di confronto guidato ispirati ai temi emersi da una survey interna, con l’obiettivo di raccogliere spunti e riflessioni.

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