Cosa vuol dire quindi “woke”?
Secondo Zanichelli: “Essere woke significa essere consapevole delle ingiustizie sociali, in particolare delle forme di razzismo e delle disuguaglianze di genere”.
Secondo Cambridge Dictionary: “Essere consapevoli, soprattutto dei problemi sociali come il razzismo e la disuguaglianza”.
Secondo Treccani: “Chi si sente consapevole dell’ingiustizia rappresentata da razzismo, disuguaglianza economica e sociale e da qualunque manifestazione di discriminazione verso i meno protetti”.
Eppure queste tre definizioni, date dai principali vocabolari online ormai non sono più propriamente corrette, in quanto il termine ha acquisito nel tempo un’accezione negativa.
Storicamente nato tra gli afroamericani negli Stati Uniti per indicare la "coscienza" delle ingiustizie sociali, oggi "woke" è spesso usato per screditare chi:
- Presta attenzione alle tematiche sociali
- Critica lo status quo e i privilegi
- Si impegna in forme di attivismo
- Utilizza un linguaggio inclusivo.
In particolare negli Stati Uniti, ma ormai anche in Italia, il termine viene impiegato per ridicolizzare chi si batte per queste cause, etichettandolo come "progressista fondamentalista". Si critica un presunto eccesso di "politically correct" che limiterebbe la libertà di espressione, arrivando addirittura a parlare di un'ipotetica "ideologia woke".
Questa descrizione, però, è riduttiva e distorta. Il discorso sul "woke" è molto più complesso e sfumato di quanto appaia. Non si tratta di semplici equazioni come:
1) se usi il linguaggio inclusivo allora sei una persona fanatica e snob
2) se su un tema o una situazione dibattuta non sei integralista e scendi a compromessi, allora sei nel torto.
Il paradosso diventa ancora più evidente quando figure politiche considerate "iconiche" dell'ideologia woke, come l'ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, si scagliano contro la stessa "ideologia", affermando: “Il mondo è incasinato, ci sono ambiguità, le persone che fanno cose molto buone hanno dei difetti, le persone contro cui combattete possono amare i loro figli e avere cose in comune con voi. Penso che un pericolo che vedo nei giovani e in particolare nei campus, accelerato dai social media, è l’idea che il cambiamento passi attraverso l’essere il più giudicante possibile verso le altre persone, e che questo basti.
Se twitto o uso un hashtag su come hai fatto qualcosa di sbagliato, o hai usato la parola sbagliata, allora posso sedermi e sentirmi molto bene con me stesso perché avete visto quanto sono woke? Ti ho sgridato. Non è attivismo. (…) Se tutto quello che fai è lanciare pietre, probabilmente non vai molto lontano. È facile fare così.”
Obama descrive quelle situazioni, che si verificano soprattutto sui social network, proprio perché le attività polarizzate hanno maggiore presa sul pubblico, dove un certo tipo di attivismo alimenta la proliferazione di atteggiamenti, toni aggressivi e perentori.
Per concludere.
È fondamentale conoscere il significato originario di "woke" per comprendere quando e come viene strumentalizzato, sia a sostegno che contro determinate posizioni.
Ti segnaliamo un approfondimento a firma di Giovanni Boccia Artieri, membro della nostra Associazione e Direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali presso l'Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, dal titolo:
Il livore linguistico (non solo) nei social media e la cultura woke.
Un videogioco diventato subito virale
Oltre 6 milioni di giocatori hanno scaricato questo videogioco durante le prime 24 ore dalla sua uscita, ottenendo un incredibile 93% di recensioni positive. Un successo inaspettato per un titolo realizzato da un team di sole 5 persone in appena 6 settimane.
Si chiama “Content Warning” ed è una parodia del mondo degli/delle influencer, una satira pungente del panorama di YouTube e Twitch dove "gli/le streamer di videogiochi inseguono la viralità a tutti i costi, alimentati dai fan che li guardano con ammirazione".
L’obiettivo del gioco è quello di filmare dei pericolosi mostri per diventare virali. Ogni partita si svolge nell'arco di tre giorni virtuali, dove una squadra di massimo quattro giocatori si avventura nel "Vecchio mondo". Il motto è: più visualizzazioni, più successo. Per questo, la squadra si avventura alla ricerca di mostri da filmare, con la persona che tiene la telecamera al centro dell'azione. Il lavoro di squadra è fondamentale: gli alleati devono illuminare i mostri per renderli visibili nel video.
Come sottolinea Wired:
"Il gioco rappresenta un perfetto commento meta (ndr. un mondo - quello dei videogiochi - che riflette e ironizza su se stesso) su come alcuni influencer siano disposti a mettere in pericolo la propria incolumità pur di ottenere successo".