Una parola, un nuovo videogioco e una strategia | Parole O_Stili
scritta "woke" su un palo

Una parola, un nuovo videogioco e una strategia

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15/04/24

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Ciao!
Dato che ci piacciono molto gli elenchi, anche questo numero de “Il Megafono Giallo” si strutturerà così. Parleremo di: una parola, un nuovo videogioco e una strategia.

Una parola: woke

Forse scrollando i tuoi feed social ti è capitato di leggere post e titoli come questi:
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Tutti citano la parola “woke” che, negli ultimi anni, risulta sempre più utilizzata. Il grafico di Google Trend ci indica come l’impennata dell’utilizzo del termine sia avvenuta con l’inizio del 2022.
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Cosa vuol dire quindi “woke”?

Secondo Zanichelli: “Essere woke significa essere consapevole delle ingiustizie sociali, in particolare delle forme di razzismo e delle disuguaglianze di genere”.
Secondo Cambridge Dictionary: “Essere consapevoli, soprattutto dei problemi sociali come il razzismo e la disuguaglianza”.
Secondo Treccani: “Chi si sente consapevole dell’ingiustizia rappresentata da razzismo, disuguaglianza economica e sociale e da qualunque manifestazione di discriminazione verso i meno protetti”.
Eppure queste tre definizioni, date dai principali vocabolari online ormai non sono più propriamente corrette, in quanto il termine ha acquisito nel tempo un’accezione negativa.
Storicamente nato tra gli afroamericani negli Stati Uniti per indicare la "coscienza" delle ingiustizie sociali, oggi "woke" è spesso usato per screditare chi:
  • Presta attenzione alle tematiche sociali
  • Critica lo status quo e i privilegi
  • Si impegna in forme di attivismo
  • Utilizza un linguaggio inclusivo.
In particolare negli Stati Uniti, ma ormai anche in Italia, il termine viene impiegato per ridicolizzare chi si batte per queste cause, etichettandolo come "progressista fondamentalista". Si critica un presunto eccesso di "politically correct" che limiterebbe la libertà di espressione, arrivando addirittura a parlare di un'ipotetica "ideologia woke".
Questa descrizione, però, è riduttiva e distorta. Il discorso sul "woke" è molto più complesso e sfumato di quanto appaia. Non si tratta di semplici equazioni come:
1) se usi il linguaggio inclusivo allora sei una persona fanatica e snob
2) se su un tema o una situazione dibattuta non sei integralista e scendi a compromessi, allora sei nel torto.
Il paradosso diventa ancora più evidente quando figure politiche considerate "iconiche" dell'ideologia woke, come l'ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, si scagliano contro la stessa "ideologia", affermando: “Il mondo è incasinato, ci sono ambiguità, le persone che fanno cose molto buone hanno dei difetti, le persone contro cui combattete possono amare i loro figli e avere cose in comune con voi. Penso che un pericolo che vedo nei giovani e in particolare nei campus, accelerato dai social media, è l’idea che il cambiamento passi attraverso l’essere il più giudicante possibile verso le altre persone, e che questo basti.
Se twitto o uso un hashtag su come hai fatto qualcosa di sbagliato, o hai usato la parola sbagliata, allora posso sedermi e sentirmi molto bene con me stesso perché avete visto quanto sono woke? Ti ho sgridato. Non è attivismo. (…) Se tutto quello che fai è lanciare pietre, probabilmente non vai molto lontano. È facile fare così.”
Obama descrive quelle situazioni, che si verificano soprattutto sui social network, proprio perché le attività polarizzate hanno maggiore presa sul pubblico, dove un certo tipo di attivismo alimenta la proliferazione di atteggiamenti, toni aggressivi e perentori.
Per concludere.
È fondamentale conoscere il significato originario di "woke" per comprendere quando e come viene strumentalizzato, sia a sostegno che contro determinate posizioni.
Ti segnaliamo un approfondimento a firma di Giovanni Boccia Artieri, membro della nostra Associazione e Direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali presso l'Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, dal titolo: Il livore linguistico (non solo) nei social media e la cultura woke.

Un videogioco diventato subito virale

Oltre 6 milioni di giocatori hanno scaricato questo videogioco durante le prime 24 ore dalla sua uscita, ottenendo un incredibile 93% di recensioni positive. Un successo inaspettato per un titolo realizzato da un team di sole 5 persone in appena 6 settimane.
Si chiama “Content Warning” ed è una parodia del mondo degli/delle influencer, una satira pungente del panorama di YouTube e Twitch dove "gli/le streamer di videogiochi inseguono la viralità a tutti i costi, alimentati dai fan che li guardano con ammirazione".

Come funziona?

L’obiettivo del gioco è quello di filmare dei pericolosi mostri per diventare virali. Ogni partita si svolge nell'arco di tre giorni virtuali, dove una squadra di massimo quattro giocatori si avventura nel "Vecchio mondo". Il motto è: più visualizzazioni, più successo. Per questo, la squadra si avventura alla ricerca di mostri da filmare, con la persona che tiene la telecamera al centro dell'azione. Il lavoro di squadra è fondamentale: gli alleati devono illuminare i mostri per renderli visibili nel video.
Come sottolinea Wired: "Il gioco rappresenta un perfetto commento meta (ndr. un mondo - quello dei videogiochi - che riflette e ironizza su se stesso) su come alcuni influencer siano disposti a mettere in pericolo la propria incolumità pur di ottenere successo".
Come Scrive il magazine Multiplayer: ”Se volessimo prendere seriamente l'idea dietro al gioco, Content Warning rappresenterebbe una critica al lato peggiore della creazione di contenuti: fare qualcosa di stupido e pericoloso dando priorità al risultato piuttosto che ai propri amici e desiderando solo di vedere le visualizzazioni e i guadagni aumentare, per poi spendere tali soldi per ottenere risultati superiori e ripetere tutto da capo o fallire miseramente e "morire di tristezza" (è questo il game over del gioco) poiché la fama è l'unica cosa che conta. Forse però è meglio non prendere tutto così seriamente, altrimenti si elimina il divertimento”.

Una strategia per l’AI

Agid (Agenzia per l'Italia Digitale) e il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno redatto la "Strategia Italiana per l'Intelligenza Artificiale 2024-2026". Un piano ambizioso che consiste in “un grande progetto unitario” che opererà “in stretta sinergia con la comunità Europea e internazionale” per favorire “un sistema di regole coerenti con principi etici e di responsabilità sociale” di questa tecnologia.
L'obiettivo è quello di sfruttare il potenziale di questa tecnologia per migliorare la vita dei cittadini e lo sviluppo del Paese attraverso 4 direttrici: Ricerca, Pubblica Amministrazione, Imprese e Formazione.
Dal documento emergono, in sintesi, queste priorità:
Ricerca: si prevede l’implementazione di iniziative per aumentare il numero di dottorati e attrarre in Italia i migliori ricercatori e ricercatrici, sia in ambito di ricerca fondamentale sia applicata. Inoltre, si punta alla creazione di nuove cattedre di ricerca sull’IA, a promuovere progetti per incentivare il rientro in Italia di professionisti/e del settore e a finanziare piattaforme per la condivisione di dati e software a livello nazionale.
Pubblica Amministrazione: si prevede un aumento significativo delle procedure di acquisto di servizi legati all’IA, passando da 100 nel 2025 a 300 nel 2026. Inoltre, si prevede l’implementazione di 150 progetti di IA entro il 2025, destinati a crescere fino a 400 entro il 2026.
Imprese: le misure a favore delle imprese hanno lo scopo di supportare la Transizione 4.0, favorire la nascita e la crescita di imprese innovative dell’IA e supportarle nella sperimentazione e certificazione dei prodotti di IA.
Formazione: il programma include politiche per promuovere corsi e carriere nelle materie STEM e per rafforzare le competenze digitali e in Intelligenza Artificiale.

Scuola

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Dalla boutique di #ParoleOstili

Forse non ne sei a conoscenza ma #ParoleOstili ha da tempo aperto una boutique con tanti oggetti dedicati ai principi del Manifesto della comunicazione non ostile.
Ad esempio, c’è la tazza "Anche il silenzio comunica", principio numero 10, un perfetto promemoria per prendersi un momento di pausa e riflettere. Con un design semplice ed elegante volevamo darti l’opportunità di avere un’idea regalo che portasse con sé anche un messaggio importante.
Questa tazza, infatti, non è solo un oggetto da collezione, è anche un modo per ricordare che la comunicazione non si limita alle parole. A volte, i messaggi più profondi sono quelli che non vengono mai pronunciati.
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Appuntamenti


16 aprile
ore 17.30
In occasione della sottoscrizione del Manifesto da parte del Comune di Lodi, incontreremo la comunità locale per approfondire insieme i principi del Manifesto della comunicazione non ostile.
17 aprile
ore 9:00
Si conclude il percorso con gli studenti e le studentesse della secondaria di I grado dell’Istituto Comprensivo “De Gasperi”, in provincia di Varese, su “Il mio primo telefono”.

18 aprile
ore 09:30
Parteciperemo all'incontro “Abitare il cambiamento” presso il seminario vescovile di Trapani. Sarà un’occasione anche per la sottoscrizione del Manifesto della comunicazione non ostile da parte del vescovo Vescovo Pietro Maria Fragnelli.
ore 18:00
Nell'ambito del progetto della Regione Toscana, “Giovanisì”, volto all’elaborazione di nuove proposte per la Toscana di domani, presenteremo il Manifesto della comunicazione non ostile ad un centinaio di rappresentanti delle scuole superiori di Montecatini Terme.
ore 16:30
Saremo ospiti di Unicef Italia, all’interno dell’incontro “Fare inclusione - Sfide e strumenti operativi per la scuola” che si terrà all’Università Cattolica di Milano.
Per info e adesioni: comitato.milano@unicef.it

22 aprile
ore 09:30
Ha inizio il percorso “Il mio primo telefono” per due classi quinte dell’Istituto Comprensivo Donadoni Sarnico nella provincia di Bergamo, nel quale, attraverso i principi del Manifesto della comunicazione non ostile, approfondiremo i temi di cyberbullismo e fake news.
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