Ciao!
Il numero di oggi della newsletter è
molto ricco di contenuti. Un’anticipazione che ti facciamo non per metterti paura, ma per sottolineare l’importanza del temi che tratteremo:
i cellulari a scuola.
Iniziamo da questa notizia:
il liceo Malpighi di Bologna vieta l'uso del cellulare a studenti e professori in classe. Una notizia che, ancora una volta, ha posto l’attenzione su un importante tema: smartphone in classe, sì o no?
Nello specifico, al Malpighi
gli studenti dovranno depositare all’ingresso gli smartphone, i quali verranno riconsegnati dai collaboratori scolastici alla fine della mattinata.
Gli insegnanti, invece, lo dovranno tenere in sala professori, sulla loro scrivania o in borsa, ma sempre
rigorosamente spento.
Perché questa decisione? Riportiamo qui le dichiarazioni rilasciate dagli stessi dirigenti del liceo bolognese: “
L’idea era nata dal fatto che lo scorso anno in una classe si erano verificati dei casi di cyberbullismo. In quell’occasione avevamo deciso di impedire l’uso degli smartphone e abbiamo visto che anche senza il cellulare i ragazzi resistevano e anzi stavano più attenti durante le lezioni e i rapporti erano migliori.”
[
Qui l’intervista completa a Marco Ferrari, Preside del Liceo Malpighi di Bologna]
Facciamo un passo indietro. Per legge, già dal 2007, la
Direttiva Ministeriale 104 del 30 novembre 2007 traccia una linea precisa: il cellulare a scuola si può portare, a patto che venga tenuto spento durante le lezioni e che non venga utilizzato per scattare foto, fare filmati o violare la privacy dei presenti.
A partire da questa direttiva
ogni istituto ha preso decisioni diverse. E come ha raccontato bene il Corriere della sera in un articolo, sono tante le modalità di approccio al tema. Dalle scuole che, come il Malpighi, ne vietano l’utilizzo, a posizioni molto meno radicali.
Puoi leggerle tutte qui.
Arrivati a questo punto la domanda che ci poniamo è: ma chi di questi ha ragione? Non vogliamo dare una risposta, perché il tema è molto più complesso e articolato.
Sicuramente una posizione che condividiamo pienamente è quella di
Giovanni Boccia Artieri, docente dell’Università di Urbino, direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, e già membro del Gruppo di lavoro per la valutazione dell’uso dei device digitali personali in classe, costituito con decreto della Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.
“
Non dobbiamo concentrarci né sulla demonizzazione del cellulare né sul suo utilizzo, piuttosto dobbiamo educarci all’uso degli smartphone nei diversi contesti. In questo caso il contesto è la classe, quindi, è importante come prima cosa insegnare a regolare il tempo dell'apprendimento con smartphone da quello senza smartphone. Un esempio: se l’insegnante spiega Catullo e i ragazzi guardano i telefoni non c’è educazione all’utilizzo, tutt’altra esperienza invece viene fatta se con il cellulare si fa una ricerca attiva proprio su Catullo, portando dei contenuti aggiuntivi alla lezione”.
Non solo il contesto può fare la differenza ma anche l’esempio. Ne è convinta
Barbara Laura Alaimo, mamma di tre figli e pedagogista: “
È interessante che il divieto di utilizzo degli smartphone nell’istituto bolognese non sia rivolto solo agli alunni ma coinvolga anche i docenti. Possono sembrare facili considerazioni ma l’esempio di noi adulti, più che le parole, può fare la differenza. Perché spesso siamo i primi a non ascoltare i più giovani e a tenere lo sguardo incollato sui nostri dispositivi.”
Insomma, se alla domanda "smartphone in classe?” non è possibile rispondere con un sì o un no, con molta più sicurezza possiamo dire che su questo tema
noi adulti abbiamo fallito.
Perché, se da un lato possiamo comprendere che accompagnare i ragazzi in questo preciso momento storico richieda molta, molta fatica, dall’altro non possiamo pensare di non essere all’altezza di insegnare loro questa “
materia” (concedici una piccola licenza poetica) così importante.
Non possiamo pensare che la soluzione migliore sia allontanarli fisicamente dai dispositivi.
È con loro che dobbiamo imparare a vivere il digitale e nel digitale.
Meglio di noi ha espresso questo concetto
la linguista Vera Gheno e autrice di “Tienilo acceso”, il libro che all’ultimo esame di maturità era traccia di uno dei temi di italiano. Vi riportiamo qui il suo post su Facebook: “
.... Certo, impegnarsi a capire come usare il cellulare in maniera proattiva a scuola è più complesso che non agire così, in modo muscolare... Ero convinta che il periodo pandemico ci potesse aver insegnato qualcosa rispetto alle potenzialità dei dispositivi elettronici, ma mi sa che di strada da fare ne abbiamo ancora tanta.”