Se diciamo “BeReal” e “Poparazzi” di cosa stiamo parlando? | Parole O_Stili
BeReal

Se diciamo “BeReal” e “Poparazzi” di cosa stiamo parlando?

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26/07/21

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Ciao!
come va?

Oggi iniziamo con una domanda.
Da 1 a 5 quanto credi di conoscere il mondo dei social media?
Se la tua autovalutazione è compresa tra 4 e 5 rilanciamo con una ulteriore domanda: sai cos’è BeReal?
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È una domanda difficile, ne siamo consapevoli. Fa riferimento al mondo dei social network ma, soprattutto, riguarda quelli utilizzati principalmente dai giovanissimi e che a noi a volte sembrano “una selva oscura”.

Il mondo delle App e delle stanze digitali cambia alla velocità della luce e quello che spetta a noi adulti (in quanto genitori, nonni, educatori, etc…) è cercare di restare quanto più possibile aggiornati, così da poter accompagnare i nostri ragazzi e le nostre ragazze anche in quei luoghi. 

Ma tornando alla domanda precedente, approfittiamo per raccontarti di due nuovi social che i giovanissimi stanno iniziando a utilizzare.
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BeReal | La App ti invia una notifica e hai 2 minuti di tempo per scattarti un selfie o un video di massimo 20 secondi e condividerlo con la tua cerchia di amici. Non c’è tempo per i filtri, per rimettere in ordine la stanza in cui ti trovi o per rifarti i capelli, devi essere “Be real”, che tradotto letteralmente vuol dire “Sii reale”. Ovviamente, come tutti i social che si rispettino, puoi rispondere e commentare le foto dei tuoi amici. Occhio però, se non rispondi con un tuo selfie non potrai nemmeno vedere quelli degli altri!
Poparazzi | Il messaggio di questo social è invece opposto: basta con i selfie. Tutti i contenuti che puoi postare sulla piattaforma devono essere scattati dagli amici, proprio per contrastare l’effetto “finzione” di Instagram e puntare sulla socialità offline dei giovani. Anche in questo caso la parola chiave è “reale”. Sono sorti però dei problemi legati alla privacy e all’utilizzo dell’App, come viene raccontato in questo articolo di MarieClaire.
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Adesso non ti resta che fare una cosa ai tuoi ragazzi:
Ma tu ce l’hai BeReal? La conosci Poparazzi?”.
Ci piacerebbe sapere cos’hai scoperto e imparato. 

Fake News

Le Olimpiadi sono iniziate da pochissimi giorni e il circolo delle fake news è già vivo e attivo. Ti lasciamo qui due episodi che hanno coinvolto due atlete della delegazione italiana.

Vanessa Ferrari
La prossima volta ci dipingeremo la nostra pelle di nero così da poter vincere anche noi". È questa la frase incriminata che ha fatto esplodere l’odio degli haters ai danni della ginnasta Vanessa Ferrari, accusata di atteggiamenti razzisti nei confronti della sua rivale sul tappeto olimpico, Simone Biles.

La frase però, nonostante il giro vorticoso sulle bacheche di migliaia di persone, non è stata mai pronunciata da Ferrari bensì da un’altra ginnasta, Carlotta Ferlito, ben otto anni fa in occasione dei Mondiali di Anversa, quando Biles aveva battuto la squadra azzurra.

[In quell'occasione la Federazione Italiana aveva già condannato la frase razzista di Ferlito, la quale aveva chiesto pubblicamente scusa.]
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Cosa ci racconta questo particolare episodio? (Oltre
  • Che c’è stata una volontaria manipolazione e strumentalizzazione di una frase, allo scopo di creare un attacco polemico.
  • Che in tanti hanno condiviso in modo totalmente acritico, senza verificare.
  • Che….
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Paola Enogu
La pallavolista azzurra, già firmataria del nostro Manifesto della comunicazione non ostile per lo sport (guarda il video), è stata una delle protagoniste di queste prima ore delle Olimpiadi di Tokyo. Oltre ad aver ricevuto il significativo incarico di portabandiera del vessillo olimpico e aver contribuito alla vittoria della Nazionale italiana durante il primo incontro, Paola è stata anche la protagonista di una foto circolata tantissimo online.

Ti lasciamo qui la foto originale e quella modificata, ti accorgerai in autonomia della differenza. :-P
(*Se non la trovi scorri in fondo a quest’email e te la raccontiamo)
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Restiamo in tema sport e, ahinoi, di insulti.

A lasciare i social, con un accorato ma puntuale post è stato il giornalista Marino Bartoletti: “Ho cercato il dialogo in tutte le sue forme: a volte mi sono morso la lingua, a volte no (e me ne scuso). Nella pagina pubblica più aperta al confronto che credo ci sia, mi sono sentito apostrofare con epiteti spesso ingiusti (se non addirittura pesantemente ingiuriosi) solo perché, al limite della sopportazione, ogni tanto mi sono “permesso” di replicare a commenti poco simpatici (o fuori tema): come se non ne avessi il diritto.

Io posso anche leggere, rispondere, tacere, replicare, ingoiare o, al limite bloccare (cosa che ho fatto raramente, sempre convinto che non sia la strada più costruttiva): però non posso passare i miei giorni (e le mie notti) a fare la “sentinella” di quello che poteva e doveva essere un fertile terreno di confronto e che invece troppe volte è diventato un incontrollabile e spesso incivile campo di battaglia da parte di chi ha solo il desiderio di aggredire, offendere e avvelenare i pozzi di una corretta convivenza (spesso nel nome di un'appartenenza” interpretata in maniera invasata).

La domanda (un po’ retorica, lo ammettiamo) che ci facciamo è: dobbiamo lasciare campo libero agli odiatori seriali o continuare a presidiare i social e far sentire la nostra voce? Ovviamente non mettiamo in discussione la scelta di Bartoletti, perché ognuno di noi può, in un determinato momento e in una precisa situazione, non avere le forze di sopportare livore e frustrazioni altrui e scegliere di prendersi una pausa di recupero. 

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Un nuovo capoluogo di Regione entra a far parte della nostra “famiglia allargata”. È il turno del Comune di Potenza.

Rassegna stampa

“Il nostro impegno su questi temi, tra l’altro, ci ha portato a fare un percorso in partnership con “Parole ostili”, per trasferire un uso corretto del linguaggio che, in situazioni particolari, può diventare molestia.

Gaia Spinella, responsabile delle risorse umane, dell'inclusione e dello sviluppo delle persone di Tim, in un'intervista al Sole24Ore racconta la collaborazione di Tim con Parole O_Stili, concretizzatasi all’inizio di questo 2021 attraverso un percorso formativo in video-pillole sui temi del linguaggio inclusivo e messo a disposizione degli oltre 40 mila collaboratori sulla intranet aziendale. 
Parole O_Stili
Il racconto del Manifesto arriva fino in Colombia grazie al magazine online Kienyke e al giornalista Alexander Velásquez. Se sai lo spagnolo, ti lasciamo l’articolo “10 maneras de ser mejores humanos en las redes sociales”.
*La foto di Egonu
Nel fotomontaggio la giocatrice si alza dal campo di gioco su una lunghezza del tutto innaturale tanto che per modificare la foto sono state clonate alcune persone che siedono sugli spalti, come ci racconta Fabrizio Venerandi, scrittore e esperto di media digitali e comunicazione.
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