“Rispetto” è una parola che suona fuori posto? | Parole O_Stili
murales con la scritta respect e uno smile confuso

“Rispetto” è una parola che suona fuori posto?

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23/06/25

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Ciao!
Quella passata è stata la settimana della maturità. Un rito che non segna solo la fine di un percorso scolastico, ma rappresenta una tappa emotiva per chi la vive e per chi la ricorda ogni anno come passaggio di crescita.
La maturità, in fondo, è fatta di sentimenti. Quelli romantici, come dimostra chi ancora canta Notte prima degli esami davanti al portone della scuola — è successo al liceo Michelangiolo di Firenze. E quelli più ansiosi, come raccontano i dati di una ricerca condotta da Skuola.net con l’Associazione nazionale Di.Te: rivela che oltre 6 studenti su 10 affrontano l’esame con un mix di emozioni negative difficili da gestire che trasformano lo smartphone nella principale valvola di sfogo.
Alla prova di italiano, il 40,3% dei maturandi ha scelto la traccia sul tema del rispetto, ispirata a un articolo di Riccardo Maccioni, giornalista di Avvenire, intitolato: “Rispetto è la parola dell’anno Treccani. E serve per respirare.”
Un passaggio dell’articolo recita: “Un auspicio, che porta con sé il desiderio di costruire, di usare il dizionario non per demolire chi abbiamo di fronte, ma per provare a capirne le ricchezze, le potenzialità.”
“Rispetto” — inteso come “sentimento e atteggiamento di stima, attenzione, riguardo verso una persona, un’istituzione, una cultura, espresso con parole o azioni” è stata infatti scelta dall’Istituto Treccani come parola del 2024. Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, condirettori del vocabolario, spiegano: “La mancanza di rispetto è alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale.”
Eppure oggi, quella parola risuona fuori posto.
Nel linguaggio dei leader politici, nei titoli dei media, nei post sui social. Il rispetto si sgretola sotto il peso di un lessico bellico che trasforma le persone in “bersagli”, le città in “obiettivi”, le vite in “danni collaterali”.
Le dichiarazioni ufficiali ricorrono a metafore chirurgiche, come “operazioni di precisione”, per sterilizzare la violenza. Nel frattempo, la retorica dello “scontro di civiltà” si fa strada nei notiziari, mentre il dolore reale diventa invisibile.
Rispettare non è mai un’azione neutra. È una posizione.
È scegliere la complessità, quando sarebbe più facile semplificare.
È ascoltare, quando sarebbe più comodo accusare.
È ammettere di non sapere, quando l’istinto è quello di urlare.
Questo weekend ci siamo svegliati in un mondo ancora più confuso, con nuovi fronti di guerra. Uno di questi, meno visibile, è quello digitale.
In Israele, le autorità hanno intensificato il controllo sulle comunicazioni interne. Mercoledì scorso, il censore militare ha annunciato che ogni contenuto riferito ad attacchi, spostamenti militari o luoghi colpiti — anche su app private — dovrà essere approvato preventivamente. Chi non rispetta le regole, potrà incorrere in sanzioni penali. Scenario ancora più complesso si verifica nella Striscia di Gaza, dove la rete diventa uno strumento di controllo, in quanto l’azione sistemica di interruzione delle comunicazioni a seguito di bombardamenti e blocchi imposti da come risultato l’isolamento comunicativo che ostacola i soccorsi, impedisce la comunicazione e silenzia le persone.
Il messaggio è chiaro: controllare la narrazione è una priorità strategica.
Anche l’Iran ha rafforzato la stretta: accesso a internet limitato, social e app bloccati. Fino a poco tempo fa, milioni di cittadini aggiravano le restrizioni con l’uso di VPN. Oggi, anche questi strumenti sono in gran parte inutilizzabili. Le autorità giustificano la scelta come risposta agli attacchi informatici israeliani.
Il risultato? Un’informazione militarizzata. Le piattaforme digitali, da spazi di racconto e denuncia, diventano luoghi di sorveglianza e silenziamento.
Nel frattempo nel resto del mondo, invece, il pericolo non è solo la censura, ma soprattutto la disinformazione. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, inquinare la conversazione pubblica è sempre più facile. Un esempio recentissimo sono due contenuti diventati virali sulle piattaforme social: uno che annuncia, con tanto di immagini, l’attacco dell’Iran alla Tour Eiffel in Francia e un altro, più sofisticato, che mostra un’enorme esplosione che, secondo alcune narrazioni, sarebbe stata ripresa proprio in Iran. In realtà, si tratta di un vecchio video che riguarda un altro Paese, la Siria.
Insomma, è evidente che la gestione del conflitto passa anche dal racconto che se ne fa. E chi controlla le parole, controlla anche — almeno in parte — la percezione degli eventi.
Su comunicazione e social media vogliamo segnalarti l’ultimo interessante numero di “Fuori dal PED”, la newsletter di Valentina Tonutti che analizza come la comunicazione tra Stati, soprattutto in contesti di guerra, abbia adottato il linguaggio dei social e del content marketing, trasformando anche gli eventi drammatici in contenuti virali. A partire da un tweet provocatorio tra Iran e Israele del 2018, l’autore riflette sull’uso sempre più spregiudicato di meme, gif e emoji nella comunicazione istituzionale, con esempi di Israele e Ucraina.

Relazioni - in collaborazione con Lilly

Relazione è una parola gentile, ma potente. È il filo invisibile che tiene insieme persone, valori, visioni. Relazione significa ascoltare prima di parlare, capire prima di agire, significa prendersi cura, mettersi in discussione, costruire insieme. È da qui che nasce la collaborazione tra Parole O_Stili ed Eli Lilly Italia, un’intesa fondata su una convinzione semplice: le parole, se usate con cura, possono cambiare il mondo, anche quello della salute.
“Non c’è forma più corretta” è il nome dell’iniziativa che abbiamo presentato insieme al Festival della Comunicazione Non Ostile 2025: un glossario di 25 parole pensate per parlare di obesità con rispetto, precisione e consapevolezza. Durante il Festival, Benedetta Bitozzi, Associate Director Communication, Advocacy & Policy di Eli Lilly Italia, ha condotto un incontro dedicato al tema. Insieme ad altri professioniste e attivisti, ha ribadito che una buona comunicazione può diventare cura. Perché scegliere le parole giuste è già un primo passo verso la salute.
Il panel "Non c'è forma più corretta" sul palco dell'edizione 2025 del Festival della comunicazione non ostile.
Ma questo è stato solo l’inizio.
La partnership tra Parole O_Stili e Lilly è parte di un impegno più grande, che punta a portare nelle comunità di cura un linguaggio nuovo. Più semplice. Più vicino alle persone.

Il nuovo capitolo di questa progettualità si è svolto meno di un mese fa a Roma, quando la nostra Presidente Rosy Russo, ha tenuto un inspirational speech - durante “Relazioni”, il progetto di Eli Lilly Italia che mira a supportare il dialogo e lo scambio di esperienze tra associazioni di pazienti e sistema sanitario.
In questa intervista, è di nuovo Benedetta Bitozzi, Associate Director Communication, Advocacy & Policy di Lilly Italia, a raccontarci come una relazione ben costruita – con parole giuste, tempi giusti e obiettivi condivisi – possa davvero generare cambiamento.

Come può la comunicazione aiutare un’associazione a trasformare l’esperienza dei pazienti in una voce autorevole capace di incidere sulle decisioni e portare cambiamento?

L’obiettivo più importante è portare all’attenzione delle istituzioni le istanze di chi convive con una determinata patologia o rientra in una specifica area terapeutica. Nel contesto attuale – un Servizio Sanitario Nazionale sotto pressione, con risorse limitate da suddividere tra tantissime patologie – comunicare in modo efficace è diventato strategico per queste associazioni. Se in passato si potevano costruire relazioni dirette con decisori politici o istituzioni, oggi questo è sempre più raro. Solo alcuni presidenti o figure storiche riescono ancora a mantenere quel tipo di rapporto "uno a uno". Non è un sogno, ma una possibilità concreta, che anche Lilly ha deciso di sostenere.
Il progetto Relazioni ha l’obiettivo di trasformare il settore sanitario, dove appunto le relazioni e la comunicazione efficace diventano elementi determinanti per un modello assistenziale partecipativo. Un sogno o una possibilità concreta che Lilly può favorire?
Il progetto “Relazioni” nasce proprio con l’obiettivo di trasformare il sistema salute, riconoscendo nella comunicazione efficace un elemento chiave per un nuovo modello assistenziale, più partecipato. È oggi uno dei nostri progetti cardine, e la partnership con Parole O_Stili ne è una parte importante. Vogliamo portare linguaggi nuovi nel mondo della salute, spesso ancora chiusi in registri tecnici o istituzionali. L’apertura al confronto con realtà esterne è fondamentale per progredire.
Nel prossimo futuro quali devono essere i prossimi passi che le aziende tutte devono fare per rendere la comunicazione un vero motore di trasformazione sociale?
La parola chiave, secondo me, è contaminazione. Lavorando da sempre nella comunicazione in ambito salute, posso dire che uno dei nostri limiti è cercare di tradurre i messaggi sempre e solo secondo la nostra lente, per poi portarli a un pubblico eterogeneo. Ma le persone si informano in modi diversi: c’è chi approfondisce con senso critico, chi si avvicina alla salute con timore, chi con scetticismo. Pensare di parlare a tutti con lo stesso registro è un errore. Fare salute significa anche saperla comunicare bene, adattando tono, linguaggio e canali a pubblici diversi: giovani, anziani, utenti dei social, lettori di quotidiani, fruitori di TV o di piattaforme online. Contaminare gli stili comunicativi, aprirsi a registri meno tradizionali – anche più “consumer” – è una scelta obbligata per il settore farmaceutico. Solo così la comunicazione può davvero diventare uno strumento di cambiamento sociale.

Appuntamenti

Martedì 24 giugno
Ore 16:15
| Martedì, mercoledì e giovedì continua il percorso sull’orientamento per il corpo docente della scuola secondaria di I grado dell’Istituto Sant’Angela Merici.Focus del nostro incontro: un percorso formativo l'orientamento, le competenze relazionali (fiducia, ascolto, motivazione, leadership, comunicazione), l’intelligenza emotiva e la cittadinanza digitale. 
Mercoledì 25 giugno
Ore 14:30
| Quarto appuntamento con i collaboratori e le collaboratrici del Gruppo CAP. Durante il webinar Il Dizionario LGBTQ+ approfondiremo il tema del linguaggio inclusivo, esplorando le parole del rispetto. Un’occasione per riflettere su pratiche inclusive e rafforzare un ambiente di lavoro aperto e accogliente.
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