Il dibattito non è più uno scambio tra idee, ma una guerra tra persone supportate da algoritmi alterati e notizie manomesse. A contribuire
misinformazione,
deepfake, e
fact-checking. E chi paga il prezzo più alto non sono i candidati di turno, ma la nostra democrazia.
Lo confermano i dati del progetto europeo
“Politica senza fair play” presentato la scorsa settimana da un team di università italiane:
oltre il 70% degli italiani si dichiara infastidito da urla e volgarità, e 3/4 percepisce un peggioramento del dibattito pubblico. Eppure, l’insulto continua a “funzionare”: dà visibilità, conquista titoli, nutre lo spettacolo della politica. Un circolo vizioso che erode fiducia, alimenta stereotipi e mina le basi stesse della convivenza democratica.
Il quadro si fa ancora più allarmante guardando ai giovani. Secondo l’
ISTAT, più di
1/3 dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni non si informa mai di politica. E la ricerca aggiunge che proprio la
Generazione Z ha ormai normalizzato la violenza verbale in questo campo. Un atteggiamento che nasce dalla sfiducia verso le istituzioni e da un cinismo che considera il conflitto aggressivo “normale”, parte di un gioco già corrotto. Ma cosa significa crescere in un Paese in cui l’insulto è previsto come regola del dibattito? Forse è arrivato il momento di domandarselo.
In questo numero del Megafono Giallo abbiamo raccolto le voci di due giovani che vivono in maniera diversa la politica: Tommaso Cappelli, esperto di comunicazione politica e relazioni istituzionali, e Sofia Pelizzari, consigliera comunale di Forza Italia a Mazzano. Due semplici domande per cambiare prospettiva.
Come può lo stile comunicativo dei politici riconquistare la fiducia della Gen Z?
Tommaso: Molti e molte giovani guardano alla politica con diffidenza: per ricostruire fiducia servono coerenza tra parole e azioni, perché la Generazione Z intercetta subito le contraddizioni. Non basta parlare nei canali dei giovani: occorre adottare la loro prospettiva, affrontare il futuro senza fermarsi solo su emergenze e toni allarmistici. Questa generazione vive immersa in un oceano di dati, ma fatica a orientarsi. È qui che la politica può fare la differenza: offrire strumenti, chiarezza e visioni credibili.
Sofia: Secondo me ai giovani manca la volontà di informarsi. Sono immersi nei social, bombardati da stimoli continui, e spesso non sanno distinguere cosa vale davvero la pena acquisire e cosa no. Questo crea un vuoto di comunicazione tra politica e nuove generazioni. La politica rimane legata a modalità vecchie, incapaci di capire che il mondo evolve, e per questo viene spesso criticata.
Come vorresti fosse il dibattito politico tra 10 anni?
Tommaso: Me lo immagino diverso, supportato da nuove tecnologie e piattaforme che aiutino i cittadini e le cittadine a orientarsi nella verità, soprattutto su temi che toccano tutti, come l’economia. Spero in una maggiore alfabetizzazione digitale e in un’etica dell’informazione più solida, capace di rendere i cittadini consapevoli anche nell’uso dell’intelligenza artificiale. Vorrei un dibattito meno urlato e più centrato sui contenuti. Al tempo stesso temo che, in un mondo in cui la tecnologia detta sempre più ritmi e agende, si perda la profondità della riflessione.
Sofia: Nel dibattito politico i giovani impegnati mostrano interesse, ascolto e capacità di confronto: magari non si cambia idea, ma si argomenta e si dialoga. Molti altri oggi non si informano e non vogliono capire, trasformando il confronto in scontro sterile. Mi piacerebbe realizzassero che la vera politica nasce dal desiderio di cambiare le cose e mi auguro si vada in quella direzione: perché quando c’è conoscenza, le differenze arricchiscono; quando manca, restano solo urla e rifiuto dell’altro.
Se vuoi approfondire il tema della disinformazione, dai banchi scolastici alla politica, ti aspettiamo all’evento Parole a Scuola sabato 18 ottobre presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
dalle 16:00 alle 16:50.
Un momento per capire come - tra deepfake, notizie inventate e contenuti virali che confondono fatti e opinioni - distinguere il vero dal falso è sempre più difficile. Ma ce la possiamo fare!
Insieme a Fabio Introini (Docente di Sociologia generale UCSC, membro Comitato scientifico dell'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo), Mons. Davide Milani (Presidente Fondazione Ente dello Spettacolo), Francesca Milano (Direttore responsabile di Chora News), David Puente (Vicedirettore di Open online) e Sara Sampietro (Docente di Linguaggi e forme espressive dello spettacolo UCSC).