Ciao!
Spesso tra ciò che diciamo e ciò che facciamo si apre un vuoto: la distanza tra la forma e la sostanza.
È lì che si nascondono le esclusioni più sottili: quelle che non si vedono, ma si sentono. Eppure, proprio nella forma delle parole può nascondersi la chiave del cambiamento.Perché quando una parola cambia forma non cambia solo la grammatica, cambia la prospettiva da cui guardiamo il mondo.
L’inclusione non è un brand
Sabato 18 ottobre la giornalista e 
diversityteller Valentina Tomirotti è arrivata a Milano per partecipare a 
Parole a Scuola, l’evento organizzato da Parole O_Stili, Università Cattolica del Sacro Cuore e Istituto G. Toniolo, come relatrice del panel “Disabilità. Come relazionarsi in classe”. Ma la conclusione di questa bella giornata di confronto e condivisione 
è stata amara, e l’ha portata a scontrarsi con gli importanti limiti di una città che spesso si racconta come accogliente e inclusiva: una stanza d’hotel inaccessibile, taxi adeguati introvabili eore di attesa per spostarsi di pochi chilometri. «La narrazione che si fa di Milano è violenta e sbagliata» ha dichiarato la giornalista, «io ho avuto l’impressione di non essere nemmeno vista dalla città, nemmeno considerata come individuo».
E allora ci chiediamo: 
che forma ha davvero l’inclusione di una città che si prepara alle Paralimpiadi ma non è ancora accessibile? Nel suo saggio 
L’invenzione di Milano, 
Lucia Tozzi smonta la narrazione patinata della città-brand, mostrando come dietro le campagne e il marketing urbano crescano disuguaglianze e precarietà. Il “modello Milano”, scrive, rischia di essere un’operazione di forma più che di sostanza: un racconto che splende in superficie ma lascia in ombra chi ne resta ai margini.
Un parco giochi accessibile
Nel comune di Porto Mantovano è nato 
un parco giochi ideato proprio da Valentina Tomirotti durante il suo mandato come consigliera comunale. È uno spazio pubblico pensato per tutti e tutte e rappresenta un modello di accessibilità che non si limita a rispettare le norme, ma ridefinisce lo spazio della comunità. Rampe senza barriere, pavimenti tattili, attrezzature progettate per ogni età e abilità: qui l’inclusione non è un’idea da manifesto, ma un ambiente fisico dove l’altro non è un ospite, ma un compagno di gioco. È un esempio di come la forma, nella sua dimensione concreta di spazio, di gioco, di città, può diventare sostanza e che le città non si raccontano solo con le parole che usano, ma con gli spazi che creano.
Un videogioco che allena l’empatia
L’inclusione non è un traguardo, ma un esercizio quotidiano di empatia. È questo il concetto alla base del videogioco narrativo 
In Their Shoes, di prossima uscita per lo studio di game design 
We Are Muesli. Ambientato proprio a Milano, 
attraverso le vite intrecciate di sette personaggi ci invita a guardare il mondo da prospettive diverse, a sentire prima di giudicare e a scegliere con consapevolezza. Ogni decisione diventa un piccolo atto di comprensione, un passo nel terreno dell’altro, perché l’empatia non è la conseguenza dell’inclusione: è ciò che la rende possibile.
La strategia anti-povertà dell’UE
Anche l’Europa sta cercando una forma per la sua inclusione. L’UE si prepara infatti al lancio della sua prima 
strategia anti-povertà su larga scala, che punta ad aiutare più di 15 milioni di persone entro il 2030. Secondo lo 
European Disability Forum, però, questa iniziativa rischierebbe di non tenere sufficientemente in conto le persone con disabilità. 
I dati Eurostat raccontano infatti che oggi, in Europa 
quasi una persona con disabilità su tre è a rischio di povertà, e la percentuale cresce ancora tra le donne. Se la strategia non includerà la disabilità come dimensione trasversale, resterà solo una forma vuota e fallirà il suo obiettivo. E la povertà continuerà a somigliare a se stessa.
Uno skatepark per persone non vedenti
Parlando di accessibilità, dall’altra parte dell’oceano uno skater non vedente sta riscrivendo la 
grammatica dello spazio. Si chiama 
Dan Mancina, e a Detroit ha costruito 
il primo skatepark al mondo pensato per persone non vedenti: rampe con bordi a contrasto, superfici tattili, segnali sonori.
Ma il suo vero gesto rivoluzionario è di tipo linguistico. Mancina non si definisce “una persona cieca che fa skate”, ma uno skater che non usa la vista come riferimento principale.Cambia il soggetto, cambia il senso. È la prova che le parole non descrivono solo la realtà: la disegnano.
L’obesità è una malattia cronica
Con l’approvazione al Senato del disegno di legge che riconosce ufficialmente 
l’obesità come malattia cronica, l’Italia diventa il primo Paese al mondo a sancire per legge che questa condizione non è una “colpa” individuale, ma una 
questione di salute pubblica. È una scelta che cambia la 
forma - e il peso - delle parole: non più “obeso” o “obesa” come insulto o fallimento personale, ma “persone con obesità”. Riconosciute, tutelate e ascoltate.Un cambiamento nel linguaggio che diventa politica, perché solo chiamando le cose con il loro vero nome possiamo smettere di giudicare e cominciare a capire.
E quando le parole cambiano la realtà, meritano di essere celebrate: il glossario 
“Non c’è forma più corretta”, frutto della collaborazione tra 
Parole O_Stili e 
Lilly, ha ricevuto il 
riconoscimento nella categoria Awareness dei Patient Engagement Award 2025, che ne premia l’impegno a costruire una cultura del linguaggio che cura.