Ciao!
Apriamo questa newsletter con delle parole prese a prestito da Stefano Benni, straordinario autore venuto a mancare la settimana scorsa.
“Bisogna assomigliare alle parole che si dicono.”
Come tutte le parole che ci ha regalato nel corso degli anni, anche queste sanno essere leggere e profonde insieme, capaci di mostrarci senza moralismi e artifici che la coerenza tra ciò che diciamo e ciò che siamo è forse una delle più alte forme di responsabilità. E, guardando a tutto quello che succede ogni giorno, non possono più rimanere inascoltate.
Viviamo in un mondo che è, per possibilità, sempre più libero, più connesso e senza confini, ma la realtà spesso sembra viaggiare in direzione opposta. In
Nepal, ad esempio, il divieto (imposto e poi revocato) di accedere a 26 piattaforme digitali è stato un tentativo di soffocare il diritto di espressione di centinaia di migliaia di persone, dando il via alla “
Rivolta della Gen Z”: una serie di violente proteste, con
tantissimi e tantissime giovani in piazza non solo contro il veto ai social, ma contro corruzione e privilegi di un sistema che li esclude.
Oppure in
Italia, dove il dibattito su femminicidi e violenza contro le donne fatica ogni giorno a uscire dal piano dell’opinione per tradursi in azioni concrete, è arrivata
la sentenza sul caso di Lucia Regna. Dopo anni di violenze e un’aggressione che l’ha costretta a una ricostruzione facciale con 21 placche di titanio, l’ex marito è stato prosciolto dal reato di maltrattamenti. Nelle motivazioni, il giudice ha parlato di un uomo da “comprendere” e di una vittima colpevolizzata: un cortocircuito doloroso tra la direzione che diciamo di voler prendere e quella che, nei fatti, percorriamo.
Sono solo due esempi, ma ce ne potrebbero essere molti altri.
Come le parole di Benni ci ricordano, assomigliare alle parole che si dicono significa essere fedeli non solo ai temi che invochiamo, ma ai gesti, alle scelte, agli effetti delle nostre azioni. È un’esigenza concreta, più che un invito, perché quando le parole vengono usate male o senza intenzione, allora non solo non aiutano, ma rischiano di diventare rumore privo di significato.
Charlie Kirk: cortocircuito digitale
Il 10 settembre, durante un evento pubblico alla
Utah Valley University,
l’attivista conservatore Charlie Kirk è stato colpito al collo da un colpo d’arma da fuoco ed è morto poco dopo in ospedale. Figura vicina al movimento MAGA e già nota per le sue posizioni polarizzanti, la sua uccisione ha avuto un’eco immediata sui social.
Nel giro di poche ore, il video dell’accaduto – che mostra chiaramente il momento dello sparo – ha iniziato a circolare senza filtri e senza avvertimenti di alcun tipo rispetto al contenuto mostrato, accumulando milioni di visualizzazioni. Le piattaforme si sono trasformate nel teatro di reazioni estreme: dall’esultanza per la morte di Kirk alle invocazioni di una guerra civile, dalle accuse reciproche tra diverse fazioni politiche e le immancabili teorie complottiste. Contemporaneamente, i profili ufficiali dell’attivista hanno visto crescere in maniera esponenziale i follower su tutte le maggiori piattaforme mentre diverse persone che hanno espresso opinioni critiche rispetto alla sua figura sono state minacciate o addirittura
licenziate.
Ancora una volta, la cronaca ci mostra quanto l’ecosistema digitale possa amplificare dolore e conflitto con rapidità travolgente, trasformando un evento tragico in un contenuto da condividere e i social in un terreno dove coltivare odio e disinformazione.
Ancora una volta è il lato più tossico della rete che emerge con violenza, ricordandoci quanto importante sia riportare una volta ancora il rispetto e la responsabilità al centro della conversazione – anche e soprattutto quando si parla di figure controverse e divisive come Charlie Kirk.
Una parola, un podcast e un panel
Torniamo a parlare di sharenting. La parola nasce dalla crasi di due termini inglesi, “Share” (condivisione) e “Parenting” (genitorialità) e si utilizza per indicare l’abitudine – sempre più diffusa – di condividere online immagini e informazioni che riguardano i propri figli.
Un esempio? La condivisione di foto di bambini e bambine al primo giorno di scuola: una carrellata di volti più o meno sorridenti e zaini nuovi diventata ormai un rito collettivo per tante famiglie. Ma oltre a raccontare l’entusiasmo degli adulti, questi scatti portano con sé anche interrogativi importanti sulla tutela della privacy dei minori.
Un tema che non perde mai di attualità e al quale
il Garante per la protezione dei dati personali ha dedicato il secondo episodio del podcast “A proposito di privacy”, mettendo in guardia dai rischi che una condivisione eccessiva può avere sull’identità digitale dei più piccoli e sulla formazione della loro personalità. La puntata affronta anche un altro nodo cruciale: il
revenge porn, con indicazioni pratiche su come chiedere al Garante la rimozione di immagini intime diffuse senza consenso.
Non è solo una questione giuridica: è una sfida educativa che interpella genitori, scuole e istituzioni, di cui parleremo il 18 ottobre a Parole a Scuola durante un panel intitolato “Sicurezza in Rete: come la scuola educa al rispetto e alla consapevolezza” a cui parteciperà proprio il Componente del Garante per la protezione dei dati personali Guido Scorza. La discussione, moderata dal docente ventenne Pablo Romàn, coinvolgerà anche:
- Gaia Cuccì, Ricercatrice di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione UCSC;
- Stefania Crema, Avvocata e esperta in relazioni familiari e minori;
- Matilde Maresca, Docente di discipline letterarie presso il Liceo Scientifico "Augusto Righi" di Bologna.
L’incontro sarà un’occasione per riflettere insieme su come affrontare in classe il rischio di adescamento online, scegliendo linguaggi adeguati all’età e promuovendo il rispetto dei confini digitali, la responsabilità condivisa e la costruzione di relazioni sane. Sarà solo uno degli oltre quaranta momenti di incontro e confronto a cui è possibile partecipare durante la giornata, organizzata in collaborazione da Parole O_Stili, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto G. Toniolo.
Il nostro consiglio? Scegli i panel che più ti interessano e iscriviti, per costruire il tuo percorso ideale.